Arriviamo accortocciati dopo 37 ore di viaggio, così stanchi che eravamo stanchi di essere stanchi e la giostra poteva ricominciare.
Il tassista tallona chiunque sfidi la strada libera e aperta che spetta solo a lui e a destra e sinistra appaiono come fontane zampillanti di luci tante chiese cristiane, illuminate come in Meridione, piene di fedeli, o chiassosi o comunque tanti.
Non ricordavo che anche in Kerala la storia nelle sue assurde manovre avesse lasciato eredità di tal genere: sembrano nipotine che provano a cucinare per prozie vecchissime, sdentate, pazienti e divertite dal fanciullesco entusiasmo.
Dove siamo è un gran bel posto, in una parte di Varkala dove ci sono più centri yoga e ayurveda di palme di cocco, in uno di quei cortocircuiti della modernità per cui noi occidentali veniamo qui ad abbeverarci alla fonte di tradizioni antiche che sono state da loro riscoperte grazie al nostro interesse.
Noi approfittiamo della figheria per gli occidentali, combinandola con il noleggio immediato di uno scooter che è il nostro animale guida preferito in tutta l’ Asia, ristoranti dove sono seriamente contenti di vederci così bianchi e diversi, massaggio ayurvedici in cliniche lindissime e puja nel tempio più antico della città.
Un primo contatto come un bagno caldo di ore al sole.
To be continued.
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